KAZUMASA

di Vittoria Coen

– Italian

Scrivere che in questi lavori di Kazumasa si leggono la fantasia, la levità e lo spirito creativo di una cultura che é, si, nata nel lontano Oriente ma appare singolarmente vicina alle nostre esperienze artistiche in Occidente, potrebbe apparire riduttivo, anche se l’annotazione risponde al vero, potrebbe sembrare una caduta, nell’esotismo o nell’antropologia culturale di maniera e comunque un modo di considerare l’arte estraneo ad essa. Kazumasa si muove liberamente nella singolarità sospesa del soggetto, figurine collocate in difficili situazioni di stasi provvisoria dalle quali potrebbero all’improvviso staccarsi e andare a vivere di vita propria, animate di colpo da quel potenziale di vitalità che si intuiva anche nei loro atteggiamenti meno vicini ad un eventuale lancio. Eppure è proprio questa insularità psicologica delle figure così delicatamente dipinte di azzurro (colore freddo ma allusivo) che le rende capaci di uno sviluppo interiore, di una loro propria attività che del resto, a volte, il titolo suggerisce e conferma, ma che sarebbe già chiaro quand’anche ci si fosse avvicinati all’opera senza averlo prima notato. C’è, a guardare insieme “l’uomo”nei suoi atteggiamenti riflessivi, il germinare e la ricchezza piena, compatta, delle composizioni che si definirebbero più naturalistiche, un armonia concettuale che non nasconde, anzi sembra voler rivelare una non comune certezza di equilibrio delle cose, di sinergie dei fenomeni, di globale simbiosi. Le stelle, così come i fiori colorati con toni forti o pastello , zuccherosi a tratti o decisi nella durezza del materiale di cui sono composti, sembrano fratelli nella rappresentazione. La generale immagine di sospensione in uno spazio mentale dell’opera trova una grande corrispondenza nella personalità dell’artista che guarda il mondo con partecipazione e distacco, lasciandosi cioé una porta aperta per poter esprimere un giudizio sulle cose non troppo vincolato all’emotività.Così si deve pensare che se questi lavori hanno in sé una componente senza dubbio accattivante, la forte simbologia che vi è contenuta dirotta la riflessione da qualsiasi aspetto decorativistico. La libertà, inoltre, di scegliersi la terracotta come materiale, per lo meno nella maggior parte dei casi, suggerisce un senso di vitalità intellettuale in un artista giovane che potrebbe declinare su itinerari ben più freddi adottati da molti della sua generazione. Mentre in alcuni casi le soluzioni cromatiche indulgono meno a variazioni e restano ancorale ad una bicromia molto precisa e dunque significativa, in altri casi il gioco cromatico appare più liberatorio. Nella sfera celeste come in quella terrestre e umana si muovono forze simili, cadono le classificazioni e le categorie. Il cielo stellato non è poi così lontano dall’uomo e le concrezioni fossili non sono poi così disanimate da non poter essere collocate a fianco, e quasi à côté del soggetto umano che può, quindi, al cospetto delle stelle, vivere la sua avventura terrena senza sradicarsi dal comune fondo cosmico. Una sfera è infatti appoggiata sulle ginocchia dell’uomo che a sua volta appoggia su di essa i gomiti nel più naturale gesto del pensatore; è una riflessione che avrà uno sbocco perché sembra contenere la sua chiave in se stessa, non tanto perché la verità sia intellettualisticamente nel pensie ro astratto, ma perché è dalla capacità di vivere la vita delle cose, singole e complesse, che si possono attingere le risposte importanti. Sembra proprio che questa certezza sia perfettamente nella coscienza del modello: comunque esso si atteggi, esprime un saper essere nel mondo.

1997

(in the catalog KAZUMASA)

KAZUMASA

di Vittoria Coen

To write that in these works of Kazumasa one can read the imagination, the lightness and the creative spirit of a culture that was born in the Far East but looks particularly close to our artistic experiences in the West, could seem belitling, though it is true. It could resem ble a fall into the exotic or into affected cultural anthropology and, somehow, a way to considerar as not related to it Kazumasa ranges freely over the suspended singularity of the subject, small shapes placed in difficult situations of temporary standstill from where they could suddenly break off coming to life by themselves, animated by that potential vitality suggested even where less poised for movement. And yet, it is this psychological insularity of the figures, so delicately painted in blue (cold colour full of meo ning that make them capable of inner development, of their own activity that, in any case, sometimes the title suggests and confirms but that could have been guessed while approaching the work without noticing it in advance. Looking at the “Man in his thoughtful attitudes, there is the germination and the full, compact richness of composition, that could be defined more naturalistic, a conceptual harmony that does not hide and on the contrary reveals on uncommon certitude of equilibrium of things, of the phenomena’s synergies, of c global symbiosis. The stars, just as the flowers coloured in bright or postel tones, sometimes sugary or stout in the hardness of the material which they are made of, seem kindred in their representation. The general image of suspension in a mental space given by the work finds a great correspondances with the artist’s personality who looks at the world with partecipation and detachment as if he wanted to keep a door open to express an opinion without being too influenced by emotiveness. So, we have to think that if these works doubtless captivate us, the strong symbolism contained diverts our reflections from any decorativistic aspect. Besides, the liberty of choosing terra cotta os medium, at least in most cases, suggests a sense of intellectual vitality in a young artist who could deviate to much colder itineraries like many others of his generation. While in some works chromatic solutions indulge in fewer variations and are ancho red to a precise and consequently significant bichromatism, in other cases the chromatic game appears more unconstrained In the celestial sphere, just as in the terrestrial and human, similar forces move and classification and categories cease to exist. The starry sky is not so far from us men and the fossil concretions are not so inanimated not to be placed alongside, almost a code to the human being who, in the presence of stars can live his terrestrial cdventure without eradicating from the common cosmic bose. In fact, a sphere leans on the Man’s knees and, in the meantime, he leans his elbows on it; it is a reflection that will bring an outlet because it seems to contain the key in itself and not because truth is located intellectualistically in abstract thought but because is from the ability to live the inner life of things, single and complex, that we attain the important answers. This certitude seems to be perfectly part of the model’s conscience: in any attitude he assumes, he expresses a certain knowledge of being in this world