May 23-July 27 2024 / The group show

One Hundred Contemporary Visions of the Ex Voto

poster for the. group show

Galleria Giovanni Bonelli is pleased to present the exhibition Per Grazia Ricevuta, curated by Alberto Mattia Martini. A collective exhibition that aims to explore and reinterpret the theme of ex voto in a contemporary context: a correlation between present history, relating tradition and contemporaneity
Ex voto, Didi-Huberman reminds us, are mysterious and fascinating objects, which could be associated with ghosts; they are imbued with history and spirituality, they act as tangible witnesses of human experiences of gratitude, protection, miracle of survival.
The artists present at the exhibition, through their personal styles and languages ​​ranging from painting to sculpture, offer a unique and personal perspective, contributing to a collective narrative that aims to stimulate discussion and interaction through the legacy inherent in ex voto. […]i

Guido Airoldi, Maddalena Ambrosio, Stefano Arienti, Gabriele Arruzzo, Yuval Avital, Matt Barbieri, Mirko Baricchi, Matteo Basilè, Matteo Bergamasco, Alessandro Bergonzoni, Thom Berra, Bertozzi&Casoni, Andrea Bianconi, Lorenzo Brivio, Nicolò Bruno, Michele Bubacc Luca Caccioni, Chiara Calore, Anna Capolupo, Felipe Cardeña, Nicola Caredda, Linda Carrar Valeria Carrieri, Antonio Catelani, Andrea Chiesi, Marco Cingolani, Gianluigi Colin, Giaco Cossio, Fabrizio Cotognini, Rudy Cremonini, Vanni Cuoghi, Sabrina D’Alessandro, Al Damioli, Alberto De Braud, Leonida De Filippi, Francesco De Grandi, Francesco De Molfett Silvano De Pietri, Marta Dell’Angelo, Mario Dellavedova, Aron Demetz, Marco Demis, Pi Deodato, Nicola Di Caprio, Fulvio Di Piazza, Roberto Dolzanelli, Tamara Ferioli, Enzo Fior Sergio Fiorentino, Francesco Fossati, Giovanni Frangi, Maurizio Galimberti, Michelange Galliani, Omar Galliani, Daniele Galliano, Laura Giardino Robert Gligorov, Giuseppe Gonell Domenico Grenci, Ester Grossi, Franco Guerzoni, Agnese Guido, Audrey Guttman, Silv Inselvini, Filippo La Vaccara, Franceso Lauretta, L’orMa, Giovanni Manfredini, Bru Marrapodi, Franco Marrocco, Luciano Massari, Andrea Mastrovito, Marco Mazzoni, Pao Migliazza, Enrico Minguzzi, Kazumasa Mizokami, Concetta Modica, Elena Modorati, Tomo Nagao, Silvia Negrini, Marco Pace, Silvia Paci, Mimmo Paladino, Robert Pan, Alessand Papetti, Paola Pezzi, Paolo Pibi, Alex Pinna, Michelangelo Pistoletto, Luigi Presicce, Massi Pulini, Pierluigi Pusole, Gherardo Quadrio Curzio, Alfredo Rapetti, Carlo Alberto Rastel Giotto Riva, Brigitta Rossetti, Elisa Rossi, Laboratorio Saccardi, Nicola Samorì, Aldo Sergi Davide Serpetti, Marta Sesana, Giuseppe Stampone, Luca Trevisani, Wainer Vacca Vedovamazzei, Nicola Verlato, Flaminia Veronesi, Dany Vescovi, Fabio Viale, Velasco Vitali.

Con la partecipazione straordinaria di Dino Buzzati con uno dei suoi Ex-voto, p gentile concessione degli eredi.

– written by the exhibition (in Italian) curator Alberto Mattia Martini

“Le immagini votive sono organiche, volgari; tanto sgradevoli da contemplare
quanto sovrabbondanti e diffuse. Esse attraversano il tempo. Sono comuni alle
civiltà più disparate. Ignorano la separazione tra paganesimo e cristianesimo.
In realtà, la loro stessa diffusione ne costituisce il mistero e la singolarità
epistemologica: oggetti consuetudinari per l’etnologo, le immagini votive
sembrano del tutto inesistenti per lo storico dell’arte.
La loro mediocrità estetica, il carattere banale, di stereotipo, le tengono
lontane da ogni “grande” storia dello stile. Ma tale insignificanza fa da schermo
e alimenta un rifiuto dell’osservazione. Più che di insignificanza, bisognerebbe
parlare di un malessere e di una messa in crisi: malessere di fronte alla
volgarità organica delle immagini votive; messa in crisi del modello estetico
dell’arte, originato dalle accademie, dalla critica normativa e dal modello
positivista della storia intesa come unità narrativa continua e romanzo
familiare delle “influenze”. Le forme votive sono capaci, al tempo stesso, di
sparire per periodi molto lunghi e di riapparire quando meno ce lo si aspetta. E
sono anche in grado di resistere a ogni evoluzione percettibile”.
Georges Didi-Huberman, Ex voto, 2006
L’ex voto come offerta religiosa in cambio di grazia, nella storia dell’umanità ha
origine molto remota, alcuni studiosi fanno addirittura risalire le prime forme di
attestazione votiva al paleolitico, esattamente alle impronte delle mani presenti
all’interno della grotta du Peche-Merle in Francia.
Certamente le forme votive erano già impiegate in Mesopotamia ed in Egitto,
così come è attestato che nell’antica Grecia venissero utilizzati gli tammata e
gli thēmata, mentre nell’antica Roma compaiono le prime picte tabellae o
pinakes, tavolette dipinte, concepite appunto come immagini
iconograficamente ed iconologicamente finalizzate alla pratica oblativa.
Successivamente acquisita anche nella tradizione cristiana, la promessa votiva
riveste il significato di una pratica devozionale verso una presenza divina,
relativa appunto alla “supplica”, per ottenere in cambio l’aiuto divino.
Una misericordia conseguita tramite un’immagine iconica, che solitamente può
assumere le vesti o della stessa divinità o della riproduzione in oggetto di parti
del corpo umano, in stretto riferimento alla sezione corporea per cui si vuole
chiedere l’intercessione del divino.
Non è un caso infatti se le parole ex voto, sono l’abbreviazione di ex voto
suscepto, che tradotte significano: secondo la promessa fatta, manifestando
una promessa per ottenere un aiuto o per rendere grazie.
In origine i materiali utilizzati per creare gli ex voto erano in cera, in gesso, in
legno, mentre successivamente vennero utilizzate anche tele o tavolette di
piccole dimensioni dipinte o litografate: oggetti molto vari, spesso costituiti da
accostamenti di materiali differenti, anche se nel cristianesimo, l’iconografia
più diffusa era costituita da parti di membra anatomiche oppure dal noto cuore
sacro.
Molto di frequente l’oggetto votivo è accompagnato da una o più iscrizioni,
anche se la più consueta è: Votum fecit, gratiam accepi, ho fatto un voto e ho
ricevuto la grazia, poi sintetizzata con PGR, cioè Per Grazia Ricevuta.
Partendo da tale espressione trovo molto interessate ed importante riflettere e
ragionare sul concetto di gratitudine dal punto di vista antropologico, in
rapporto al ruolo dell’uomo, inteso come fides, che in latino non significa solo
fedele, ma con l’accezione di fiducia; quella fiducia che l’individuo riversa nella
società, intesa come collettività, che certamente deve soddisfare in primis i
diritti relativi ai fabbisogni della vita del singolo, sia dal punto di vista
materiale, che spirituale, ma che a mio avviso dovrebbe sempre più
comprendere anche i doveri del probum virum, ossia quello di responsabilità
etica in relazione all’altro.
La riflessione verte sul concetto e sugli atti di violenza a cui assistiamo
giornalmente e ai quali rischiamo di divenire “assuefatti”, che sempre più
spesso sfociano in brutalità efferata diffusa o addirittura, come stiamo
assistendo in questi ultimi tempi, in vere e proprie guerre.
Ritengo che essi siano il frutto di un orientamento purtroppo netto, verso la
negazione di quelli che dovrebbero essere i principi etici di rispetto,
ottemperanza, sensibilità, educazione e di convivenza, che conseguentemente
generano totale mancanza di fiducia nel “prossimo”.
Tali comportamenti ci stanno conducendo senza scrupoli verso quello che
potremmo definire: un mero interesse egoistico ed egotico, finalizzato al
potere dispotico ed economico, che ci sta conducendo inevitabilmente sull’orlo
del baratro.
Come ci ricorda giustamente Sigmund Freud, quando nasciamo il nostro
bisogno primario è la indispensabile necessità di fiducia dell’altro, che nasce
appunto con l’esigenza del bambino di essere sfamato dalla madre, e con
l’aspettativa di fiducia, che essa tornerà a sfamarlo anche successivamente.
L’altro è imprescindibile sia come persona singola, che come collettività e può
essere un’opportunità, se acquisiamo la consapevolezza dei nostri limiti: solo
così “otterremo la grazia” di una vita individuale compiuta, completa e
costruttiva, che possa essere finalizzata al bene comune.
Quella grazia simboleggiata dagli ex voto, presenti fin dalla notte dei tempi
nella vita dell’uomo, ai quali egli si è rivolto e del quale si è servito come
intercessione con il divino e che come afferma Julius von Schlosser: “Si tratta,
in fondo, di rappresentazione molto primitive radicate nel più profondo della
mentalità umana, troppo umana, di tutti i tempi e paesi”.
Sarebbe interessante vedere come la tradizione antica si sia fusa con nuovi
medium e forme di riflessione ed espressione artistica contemporanea,
consentendovi nella vostra creazione di esplorare tematiche moderne
attraverso una lente storica.
L’ex voto, partendo dal valore simbolico come veicolo di esplorazione del divino
potrebbe rivestire attualmente la connessione tra il terreno e il trascendente,
facendoci riflettere anche sulla relazione dell’uomo con un’ipotetica fine oppure
essere un’occasione per un nuovo inizio.
L’oggetto che da materia, diviene emblema del rapporto con altre dimensioni,
affronta questioni articolate e delicate come la malattia, la morte, la rinascita,
anche personale: un simbolo che diviene mezzo per esprimere emozioni
universali o narrazioni individuali.
Parafrasando le parole di Huberman, gli ex voto sono delle entità sfuggenti e
simili a se stesse, che potrebbero essere associate a dei fantasmi. La storia
dell’arte le ignora e l’etnologia le ha solo raramente studiate dal punto di vista
formale. Tuttavia esse sono radicate nella nostra storia, non solo religiosa, ma
di uomini: sono esistete, poi sembrano celarsi, ritornano e sopravvivono e
vivono nel nostro tempo.
Alberto Mattia Martini